Come si acquista la cittadinanza italiana per matrimonio
L’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio è possibile solo se sono soddisfatte le condizioni previste dagli articoli 5 e 6 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91 e approvate per gli stranieri o gli apolidi i coniugi dei cittadini. Il motivo non è la disabilità.
La domanda deve essere presentata alla prefettura competente per il territorio in cui risiede il richiedente (Direttiva del Ministero dell’Interno del 7 marzo 2012), e la decisione di ottenere o rifiutare la cittadinanza Iurematrimony spetta al governatore della prefettura abbassato. Se, invece, il coniuge straniero risiede all’estero, la domanda dovrà essere presentata al consolato italiano nel Paese di residenza permanente del richiedente. In questo caso, la decisione di concedere o rifiutare la cittadinanza spetta al Direttore dei Diritti Umani e dell’Immigrazione presso il Ministero dell’Interno.
Quali sono i requisiti per richiedere la cittadinanza italiana per matrimonio?
a) regolarità e durata del soggiorno (due o tre anni)
b) matrimonio o unione civile
c) conoscenza della lingua italiana (livello L2 B1)
d) assenza di condanne penali e pericolosità sociale
a) regolarità e durata del soggiorno (due o tre anni)
L’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992 n.91 (come modificata dall’articolo 1, comma 11, legge 15 luglio 2009 n.94) prevede che “il coniuge, straniero o apolide, cittadino italiano può acquisire la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio , risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, se, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, esiste non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e non vi è separazione personale dei coniugi.”. I termini sopra indicati sono ridotti della metà (12 e 18 mesi) in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.
b) matrimonio o unione civile
L’articolo 5 della legge n. 91 del 5 febbraio 1992 prevede che al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza italiana non deve essersi verificato alcuno scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o dell’unione civile (vedi Legge 20 maggio 2016 n.76) e devono essere non vi sia separazione personale dei coniugi. A seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (n.22 del 27 gennaio 2017) dei decreti legislativi n.5, 6 e 7 del 19 gennaio 2017 – adottati ai sensi dell’art.1, comma 28 della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) – dall’11 febbraio 2017 è possibile presentare domande di cittadinanza italiana on-line, ai sensi degli articoli 5 e 7 della legge n.91/92, anche da parte del cittadino straniero che ha costituito unione civile con un cittadino italiano trascritto nei registri di stato civile del comune italiano.
c) conoscenza della lingua italiana (livello L2 B1)
Il nuovo art.9.1 della legge 5 febbraio 1992 n.91 introdotto con il decreto legislativo 5 ottobre 2018 n.113 convertito con legge 1 dicembre 2018 n.132, prevede che la concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è sottoposta al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello L2 B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER). A tal fine, i richiedenti che non abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’articolo 4-bis del Testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o che non sono titolari di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del Testo unico sull’immigrazione, sono tenuti, all’atto della presentazione della domanda, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto scolastico pubblico o privato riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ovvero di produrre apposita certificazione rilasciata da un organismo di certificazione riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero degli Affari Esteri e della Ricerca Cooperazione Internazionale o dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.”.
La Circolare del Ministero dell’Interno n.666 del 25 gennaio 2019 approfondisce il requisito del possesso della conoscenza della lingua italiana introdotto dal decreto legislativo 4 ottobre 2018, n.113 convertito con la legge 1 dicembre 2018 n. .132.
Si precisa che tutte le domande di cittadinanza per matrimonio e residenza presentate dal 5 dicembre 2018 in poi dovranno quindi essere respinte se prive delle autocertificazioni o dei certificati sopra indicati. Qualora tali istanze siano già state acquisite, gli Uffici dovranno procedere alla dichiarazione di inammissibilità, previa comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 7 agosto 1990. Tuttavia, le domande di cittadinanza presentata dopo la riforma fino al 9 marzo 2019 a cui è stato assegnato il codice K10 potrà essere integrata con la nuova certificazione richiesta a seguito di specifica comunicazione della Prefettura.
d) assenza di condanne penali e pericolosità sociale
Ai sensi dell’art.6, legge 5 febbraio 1992 n.91, la cittadinanza italiana non può essere attribuita se il richiedente è stato condannato, con sentenza definitiva, per reati gravi:
a) uno dei delitti previsti dal codice penale nel libro secondo, titolo I: delitti contro la personalità dello Stato (articoli 241-294 c.p.), capo I: delitti contro la personalità internazionale dello Stato ( articoli 241 -275 c.p.), capo II: delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 276 -293 c.p.) e capo III: delitti contro i diritti politici dei cittadini (art. 294 c.p.) ;
b) un reato non colposo (l’autore del reato ha agito intenzionalmente e in piena coscienza e non semplicemente per errore) per il quale la legge prevede una pena prevista dalla legge (la pena base espressamente prevista dalla legge) non inferiore a un massimo di tre anni della reclusione;
c) un delitto non politico con pena detentiva superiore ad un anno commesso da un’autorità giudiziaria straniera, quando la pena è stata riconosciuta in Italia. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto in cui ha sede l’ufficio dello stato civile dove è trascritto o trascritto il matrimonio.